Diari lastrigiani Dicevamo dei circoli...     Ieri e oggi anche a Lastra a Signa

Interlocutori


Parlando con i tanti interlocutori che in questi mesi ci hanno accompagnato nella raccolta di notizie e di vicende che meritassero di essere riportate su queste pagine, è emerso soprattutto un aspetto:
il valore educativo, non solo ricreativo, che questi circoli hanno sempre avuto in chi li ha frequentati.

Da qualunque angolazione si vedessero i circoli, bianca o rossa che fosse: una palestra di vita folta di momenti di socializzazione in cui ognuno, sviluppando un senso d'appartenenza, imparava dall'esperienza dell'altro e si imparava a stare insieme.

È ancora vivo in tutte le persone con cui abbiamo parlato, il ricordo delle domeniche di non troppi anni fa in cui all'interno del circolo era praticamente impossibile trovare un posto vuoto.

Domeniche fatte di contatti umani e di voglia di stare insieme per guardare alla televisione “Novantesimo minuto”, ma anche “Lascia o Raddoppia”, “Rischiatutto”, “Canzonissima” e tutti i grandi avvenimenti sportivi trasmessi in tv, o per discutere delle vicende politiche. I circoli, insomma, come luoghi di ritrovo reali che ora sono stati soppiantati da altri luoghi di ritrovo virtuali che niente hanno a che vedere con quei momenti.

Non è retorica, che lasciamo volentieri a sociologi e psicologi, è soltanto la constatazione di come siano cambiati i tempi, in modo anche troppo repentino, senza che ognuno di noi potesse rendersene conto fino in fondo.

Nel nostro comune, come del resto in moltissimi altri paesi della Toscana, il movi- mento associazionistico (Mcl, Arci, Acli...) conserva, anche gelosamente se vogliamo, un patrimonio storico tanto profondo e radici così estese da essere considerato come un elemento essenziale della cultura e della società che ci circonda e di cui facciamo parte.

Un elemento imprescindibile e che non può essere trascurato, a maggior ragione da chi non ha vissuto gli splendori dei circoli ma soltanto il “declino” degli ultimi anni.

È quindi evidente l'interesse da parte nostra per questa ricerca, realizzata dall'Acli Lastra a Signa, e basata sul prezioso materiale conservato negli archivi di tutti, o quasi, i circoli di Lastra a Signa.

Ma anche nelle abitazioni di tanti lastrigiani che in passato hanno fatto del circolo la loro “seconda casa”, che ora ricordano con nostalgia quei tempi con la consapevolezza di aver imparato molto e che quelle “lezioni di vita” sono servite loro per arrivare ad oggi più ricchi dentro.

E con altrettanta consapevolezza che la pubblicazione di almeno una parte di quel materiale rappresenta uno strumento documentario di rilievo per una conoscenza più approfondita di tante realtà associative e ricreative delle quali, in passato, si era iniziata in altro modo la ricostruzione delle loro vicende, delle loro attività, delle loro iniziative.

E la concretizzazione di questo nostro impegno, questo è il nostro auspicio, darà la possibilità al movimento associativo e ricreativo di stringere ulteriori rapporti.

In questo viaggio nella memoria ci siamo spinti fino alla fine del 1800: abbiamo scoperto infatti che alcuni circoli di cui parleremo sono realtà significative dal punto di vista storico, nate in quegli anni e che rappresentano uno scrigno di tesori, di conoscenze, anche di vicissitudini, di cui andare orgogliosi e da tramandare ai posteri.

Di spaccati di vita che ci hanno trasmesso la vitalità dei mille volti dei circoli di Lastra ce ne sono tantissimi: episodi che dicono come la vita nei circoli fosse legata a doppio filo con tutto ciò che ruotava nel Paese e che erano in grado di sviluppare (tanto era l'attaccamento) un grande senso di appartenenza.

Un senso di appartenenza che era come una medaglia da portare appuntata sul petto e segno di una fraterna rivalità.

Come la storia dei fratelli Terzani, Furno e Bruno: il primo detto “Pipione” e iscritto alla Democrazia Cristiana, il secondo meglio conosciuto come “Ballotta” iscritto al Partito Comunista, frequentatori dei rispettivi circoli di riferimento “politico” di Porto di Mezzo.

Oggi una vicenda del genere è praticamente impossibile che si ripeta.

O come quella di don Renzo Rossi, che quando era parroco a Porto di Mezzo, proprio per non scontentare nessuno, andava a seguire la partita da grande tifoso della Fiorentina quale è (e della quale è stato cappellano fra il primo e il secondo scudetto), prima in un circolo, e poi nell'altro.
«Nel dopoguerra la partecipazione era vita e la vita era partecipazione – ci spiegano alcune persone dai capelli un po' imbiancati come Giovanni Forconi, Mario Del Fante, Alessandro Marinesi e Renata Corzi, che quella partecipazione, quella vita, l'hanno gustata davvero – poi, più o meno una quindicina di anni fa, è iniziato quel processo di decadenza che ha lentamente  cancellato, anche se il ricordo non potrà mai cancellarlo nessuno, tutto quello di buono e di bello che era stato fatto in precedenza».

Di “momenti indimenticabili” parla anche chi ricorda la grande attività del Circolone.

In primo luogo il Carnevale che, grazie al viareggino Angelo Pardini e la collaborazione di molti lastrigiani doc, fra i quali ricordiamo Giuseppe Nozzoli, arrivò a Lastra a Signa nel 1949.

Per anni fu una manifestazione di tutto rispetto, per la quale fu trovata la collaborazione col celebre Carnevale di Foiano della Chiana.

Ma indimenticabili sono anche le bruciate in piazza nel giorno dell'Epifania, la frequentazione assidua della sala da ballo di Giuseppe Chiappella, (storico giocatore e allenatore della Fiorentina), l'operetta la domenica sera: frammenti di una storia che chi l'ha vissuta in prima persona, non ha difficoltà a dire che si tratta di momenti difficili da scordare.

E per dare voce anche all'esterno di quello che veniva fatto, con grande entusiasmo e tanti sacrifici, erano tante le pubblicazioni, giornalini ed opuscoli che venivano realizzati, come nel caso dell'Arci di Ginestra Fiorentina che dava alle stampe il giornalino dal titolo “La voce di Arturo”, nome scelto in omaggio al grande direttore di orchestra Arturo Toscanini, personaggio a cui è intitolato anche il circolo.

Di circoli, come dicevamo, ne sono chiusi diversi:
il circolo Mcl di Monte Orlando (che aveva sede all'interno del Convento di Santa Lucia), per esempio, con le sue attività sportive ma anche di formazione e cultura cattolica, è rimasto aperto fino a metà degli anni Novanta;
la stessa cosa è stata per il circolo Mcl di Porto di Mezzo, e la Casa del popolo di Calcinaia ha chiuso ancora prima, all'incirca a metà degli anni Ottanta.

Circolo, quest'ultimo, che quando si svolse l'inaugurazione del vicino circolo Acli a Calcinaia (ora Mcl), accolse il cardinale di Firenze Elia Dalla Costa con le note di “Bandiera rossa”.

Fra i circoli chiusi ma che hanno recitato un ruolo di primo piano nella storia del nostro paese, non si può non citare quello del palazzo della Filarmonica Rossini, detto “La Sarzana”, in via Diaz, nel centro di Lastra  a  Signa,  oggi  sede  dell'associazione Pro  Lastra-Enrico Caruso.

L'immobile venne costruito nel 1915 su progetto dell'architetto Bonelli come sede della Filarmonica Gioacchino Rossini.

E, una volta cessata l'attività della Filarmonica, negli anni Trenta, il palazzo ha avuto varie destinazioni d'uso:
abitazione, scuole elementari, sede della GIL (Gioventù Italiana Littorio), sede dei movimenti partigiani, Casa del popolo, sede della gloriosa Associazione Lastrense calcio e della Lastrense ciclistica fino al 1978 quando è passato all'associazione Pro Lastra Enrico Caruso che ha apportato degli importanti lavori di restauro.

Attualmente è sede di numerose attività culturali e ricreative, organizzate dalla stessa Pro Lastra: salotti musicali e letterari, concerti, conferenze, teatro, scuola di musica; ospita inoltre il Museo degli artisti locali e quello di Gino Bechi.

Come non ricordare, poi, il primo circolo nato a Calcinaia alla fine del 1800 e voluto da Angelo Degubernatis, nobile piemontese “trapiantato” in Toscana, per contribuire all'alfabetizzazione dei cittadini della frazione di Lastra a Signa.
«Il problema – è un altro ‘ritaglio' dei colloqui con le persone che ci hanno aiutato a realizzare questo libro – è che in passato i circoli erano realtà che svolgevano tante attività  al loro interno,  mentre ora è più facile ospitarle le attività», con la conseguenza naturale che non può esserci, è inevitabile, un attaccamento forte alla struttura, radicato, deciso, così come è stato in passato e che è stato tale fino all'inizio degli anni Novanta.

In questo ping pong di sensazioni e di ricordi, rappresentati sicura- mente dal periodo che va dalla fine degli anni '50 agli anni ‘80, quando un bicchiere di spuma costava poche lire e una partita a flipper era un'ottima valvola di sfogo, emerge chiaramente che la vita dei circoli non sia più quella di un tempo, quando il far riferimento al proprio circolo era anche più importante dei legami politici o strettamente di partito.

C'è chi dice:
«All'epoca i circoli erano un'isola felice, c'era il circolo della chiesa  e c'era la Casa del popolo e sebbene l'appartenenza  politica rappresentasse un valore indiscutibile,  succedeva spesso che questa fosse subordinata al servizio all'interno  del circolo».










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