Diari lastrigiani

Gino Mignolli, Lo schioppapalle 4/5


Un mondo stava rapidamente scomparendo, lasciando il posto a nuove abitudini: i contadini di piano andarono a lavorare in fabbrica; per il pesce, , bisognava aspettare il venerdì, quando arrivava il furgone del viareggino, con l'usuale gorgheggio il palombo, il palombaro ; per mia fortuna sul Canto di Viagora Pausino, il barbiere, aveva ricavato nel retro negozio un mini-diurno con tre docce.... talora con l'acqua calda , che mi risparmiavano tanta fatica.

Per appagare la mia passione del tiro , invece, dovevo aspettare la Fiera di Mezzagosto, quando la Piazza del Mercato della Lastra si trasformava in Luna Park, per andare allo stand della bolognina.

Ottima imbonitrice – ragassi la foto – ben truccata, gonna aderente, sporgendo un prorompente e scollato seno in vistose camicette, non le mancavano avventori, già alluzzati dal suo incedere ancheggiante.

All'apertura pomeridiana, con la piazza ancora deserta, racimolati gli spiccioli per sparare una serie da cinque , ero il suo primo cliente.

Appoggiata la pesante carabina al bancone, centellinavo i colpi mirando a lungo i gessetti appesi o i palloncini che giravano fermati a un cerchione di bicicletta.

Ultimata la serie, puntualmente la bolognina continuava a caricare l'arma con mio sommo piacere, che esprimevo gratificandola col più radioso e innocente sorriso.
Veloce, come l'ondata di piena, il tempo scorreva.

Quanta acqua è passata sotto i ponti!
Avvalendomi della nitidezza con cui riaffiorano i ricordi lontani – rara senile dote – ancor oggi rimembro l'Albero della Cuccagna, che i Pontesi allestivano sull'Arno per i festeggiamenti patronali di S. Anna a fine luglio.

Per i tanti giovani e meno giovani che non hanno goduto questo desueto spettacolo, rammento che veniva ancorata nell'argine una lunga abetella aggettante sull'acqua, robusta e flessibile, abbondantemente cosparsa di strutto, con una bandierina al vertice.

Molti ardimentosi tentavano di vincere gli ambiti trofei in palio (salami, spalle e formaggi), avanzando a cavalcioni sulla trave per raggiungere il piccolo drappo, ma approssimandosi al successo, le più accentuate oscillazioni della cima li scaraventavano a gambe levate in Arno, nell'esuberante ilarità generale.

Tra i ricordi cristallizzati, come dimenticare l'usta faccia del Masi, il pesciaiolo, che trascorse l'intera vita sul fiume mantenendo la sua numerosa famiglia alloggiata nella guardiola dell'adiacente Porta Pisana.

Ad ingombrare l'angusta abitazione, vi erano per di più le tavole dei bastioni, da piazzare prontamente a chiusura della suddetta Porta ogniqualvolta si presagiva una grossa piena, per scongiurare il pericolo di allagamento della parte bassa della Lastra.

Con la sua bilancia catturava pescato di piccolo taglio, che riponeva in maculate rossastre zucche, ben panciute, svuotate e opportunamente trattate con la pece..

A metà mattinata, dopo averle fissate al portapacchi di una vecchia bicicletta, percorreva a piedi lemme lemme le strade del paese, non sempre riuscendo a smerciarlo.

Precario imbonitore per la sua cronica raucedine buscata con l'umidità del fiume e con il fumo di un pacchetto delle economiche ma troppo forti alfa – suo unico quotidiano sollazzo –, serbava le cicche, che miscelate con un altrettanto forte trinciato fumava alla bisogna, arrotolandole nella carta di giornale.

Insuccesso rinnovato allorché un giorno, pescata eccezionalmente una grossa carpa, una vera reina, dalle sgargianti squame argentee e verdastre che debordava dal cestino, nell'allestire una lotteria per questo insolito esemplare, gli rimasero invenduti non pochi numeri.

Un affettuoso pensiero va a Lucianino, il suo figlio maggiore, che seppur offeso dalla nascita non lesinava fatiche per alleviare le tribolazioni familiari: già di buon mattino, nella sua dondolante e veloce andatura recapitava agli abbonati riviste e giornali; in estate aiutava Martino per il rifornimento della sua ghiacciaia all'angolo della piazza del mercato, scaricando le stanghe dopo averle arpionate sui cassoni con tale impeto che tanti pezzetti di ghiaccio schizzavano a terra, a beneficio di noi bambini pronti a raccoglierli per avidamente suggere, dopo una veloce sciacquatura.

Da grossi camion scaricava poi tavoloni e abetelle, che l'impettito Scarpini importava dall'Austria per la sua segheria che occupava l'intero pianterreno del Salone – così viene chiamato dai lastrigiani lo Spedale di S. Antonio ; accatastava fascine e tronchi di querciolo per Topino, il semellaio, Carlino e il Mence, i tre fornai del paese, nei loro retrobottega in Viagora; impavido faceva scendere dagli automezzi in piazza grossi manzi, impauriti e recalcitranti, per accompagnarli nella stalla di Ciccine, dopo l'attento esame di Costantino, un sensale di bestiame da poco venuto da Camucia, che ben ricordo per la statuaria posa con bretelle e cintura , la perenne festuca di paglia in bocca., gli scuri occhiali sotto cappelli a larghe tese, e il foulard di seta al collo.



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